Appena dentro, c'erano solo un vecchio e un bambino.
Il vecchio era seduto di sbiego ad un tavolo, con il gomito appoggiato sul piano, la mano sulla guancia, teneva su la testa e guardava il bambino.
Il bambino svolazzava tra i tavoli, ogni tanto ripeteva la tabellina del tre e quando non la ricordava riapriva, sghimando, un quadernone a quadretti con la copertina tutta azzurra e la scritta in bianco “Forza Napoli”.
Il mare di fronte e di fianco... sotto al pavimento di assi consunte, tra una fessura e l'altra, si sentiva e si vedeva arrivare l'onda e spostare il ghiaino della battigia.
Per arrivare in questa sorta di trabucco di legno, un angolo di paradiso dimenticato, palafitta a sbalzo sul mare, occorre affondare le scarpe sui sassetti della spiaggia deserta, farsi i quattro passi dal parcheggio dove finisce la strada, passare le barche abbandonate sopra riva, guardare il sole che ogni tanto fa capolino tra le nuvole e illumina alcuni piccoli faraglioni tre quattrocento metri al largo, ma non impedisce ad un vento fresco di sferzarci il viso.
Dei carpentieri smartellano per sistemare il tetto della terrazza di un altro locale che dà sulla spiaggia.
Il Cantuccio è tutto di legno, con alcune capriate metalliche reticolari, bianche, mezze arrugginite. Non esiste muratura sui due lati che danno verso la spiaggia e verso il mare, ma una vetrata continua di serramenti in legno, mezzi sgangherati, con delle fessure di due dita tra l'uno e l'altro. Ma dove siamo finiti?
“Posso offrirvi un caffè?”
Fiuuuhhhh... adesso mi rilasso...
Il proprietario, che ci viene incontro, sorridendo, dalla cucina, è già da subito diventato nostro amico, perché abbiamo telefonato per prenotare e siamo pure arrivati...!
“Grassie propio... ma no lo bevèmo mai...”
Dentro è tutto uno spiffero e manca, provvisoriamente, la luce elettrica, però... l'atmosfera è ineguagliabile... non manca la luce intermittente del sole e del riflesso del mare... e, quando non sento la tabellina del tre , sento lo sciabordio delle onde.
Mia moglie va in bagno... ma ri-esce fuori perché c'è tutto buio... “Non si preoccupi, non si preoccupi...” Pronta la candelina... che romantico... aaaaaah...
Quando ci vado io, è appena tornata la luce, bagni puliti e in ordine.
La specialità di questo posto è la pasta con i cucuzzielli (zucchini), una storia nata mezzo secolo fa, quasi per ischerzo, sembra, da quello che ci viene raccontato, per un accordo tra un principe e una nonna...
Allora, non possiamo non ordinare quello, di primo, assieme ad un altro piatto di spaghetti con le vongole veraci.
Nell'attesa, ci facciamo portare una bottiglia di Ferrarelle e una Falanghina bianca IGT di Benevento, del 2009, da 12 gradi. Assieme al bere, il padrone ci mette sul tavolo due bruschette tiepidine con dadini di pomodoro fresco, origano ed olio. Entrèe, fuori ordinazione. Buone, ci volevano.
Dopo Positano, vero patrimonio dell'umanità , si entra in provincia di Napoli, le strade si allargano un po', compare la striscia bianca di mezzeria, ma compaiono anche, patrimonio di disumanità , cumuli di rifiuti qua e là nella zona di Massa Lubrense.
Passata S.Agata cambia di nuovo... ci si insinua ancor più nel fianco del Tirreno in uno sterminio di olivi, si scende in mezzo a prati verdi, con una pendenza più dolce rispetto alla costiera salernitana, spariscono di nuovo i rifiuti, il paesaggio torna meraviglioso, sembra di finire nell'infinito.
Marina del Cantone è un piccolo porticciolo, uno dei luoghi più pittoreschi della penisola amalfitana, quattro case e un albergo in fondo a cinque chilometri di curve, mimose fiorite (siamo il 5 di gennaio!) e aranci, una chiesa seicentesca, dedicata a S.Antonio.
Basta.
E o maaare...
... guarda quantebbèllo...
Mmmhhhhh... però... niente male questa Falanghina beneventana... profumato, leggero leggero... non mi ricordo il nome della cantina... avevamo chiesto due calici, ma il proprietario ci apre la bottiglia, ce la mette sul tavolo e ci dice di bere quello che desideriamo (più di mezza bottiglia, alla fine)...
Quattro chiacchiere anche con lui, che ci fotografa pure e che, quando il discorso cade sui rifiuti e su altro, tiene a precisare: “Qui non siamo a Napoli... “
Passa una ventina di minuti, tanto il tempo che la cuoca giovane e una nonna, che anche prima trafficavano in cucina, facciano bollire gli spaghettoni, così noi possiamo ripassare la tabellina del tre...
I primi sono buonissimi, caldissimi, ci volevano, in mezzo a quegli spifferi. Le porzioni sono gigantesche, ci dividiamo i due piatti, ma in realtà sono due primi ciascuno. I cucuzzielli sembrano saltati in tegame con l'aglio, poi aggiunta di besciamella e qualche foglia di basilico. Le vongole veraci, che già sarebbero più grandi di quelle normali, qui sono enormi; assieme, dei pomodorini spettacolosi, con un profumo unico.
A me piace sentire l'olio che frigge e quindi non mi disturba aspettare altri venti minuti, prima che siano pronti i secondi: un gran piatto di frittura di paranza, con gamberoni, anelli di totali, merluzzetti e trigliette, tutti ricoperti da una panatura croccante e leggera.
Un quadro. Erano lì solo per noi.
Il vecchio si tiene sempre su la testa, il bambino, tra una tabellina e l'altra, gioca in silenzio con qualcosa tra i tavoli. Lo blocco, indicandolo col dito come per rimproverarlo, ma poi gli dico: “Tre per nove?” “Ventisette...” “Sei per tre?” “Mmmmmhhh... diciotto... “ “Brà o... promosso!”
Promossa anche la cuoca, perché pure la frittura di paranza era eccezionale. Strabuono anche il limone, che abbiamo fatto fuori con una certa goduria. I limoni, qui, sono ineguagliabili.
Assieme alla frittura, una terrina di insalata mista, con radicchio rosso, indivia, carote, finocchi, e pomodorini, preparata lì al momento, fresca e pulita. Anche questo mi piace, vedere che mi lavano e mi preparano l'insalata lì, al momento, niente di stantio...
Alla fine, un nocino in due (ma era un bicchierone, non un bicchierino, ne avanziamo pure), scoprendo che nella zona di Sorrento si fa pure il nocino. Si sentono bene la cannella ed i chiodi di garofano, amalgamati col resto. Forse un po' troppo freddo ci viene servito, ma lì, il riscaldamento non sanno proprio cosa sia... e poi, ci è stato offerto .
Cucina familiare, vicina all'eccellenza. Sazi e soddisfatti, paghiamo un conto di 61 euro, ci infiliamo i nostri piumini, salutiamo tutti (proprietario, cuoca, nonna, vecchio e bambino) e ci dirigiamo speditamente nella nostra “calda” Focus SW, senza più guardare il mare e lo splendido scenario.
Unico neo, non sottovalutabile, l'arietta fresca all'interno del locale, che in altre 350 giornate dell'anno magari non ci sarebbe stata.
Comunque particolare e bellissimo, vorrei essere là di nuovo.
E forza Napoli (non in senso calcistico ).
Consigliatissimo!!
[golosona]
13/01/2011