Solitamente il racconto di un'esperienza culinaria appena conclusa, se scritto subito, è caratterizzato da ricordi freschi, quasi si sentissero ancora i profumi ed i sapori che poche ore prima si sprigionavano dai piatti.
Andare in un ristorante come questo, però, non è cosa da tutti i giorni, almeno per il sottoscritto: sicuramente per la spesa, di certo per la distanza da casa e, non ultimo, per il tipo di cucina.
Mi ci è voluto almeno un giorno per capire, a mente più lucida, se questo sia un ristorante da consigliare o meno. E la risposta non è così scontata.
Innanzitutto partiamo col dire che siamo in Versilia, precisamente nella via centralissima e più bella di Forte dei Marmi. Anche questo influirà sul giudizio e certamente sul prezzo finale, perchè il Forte è comunque una zona ricca, dove viene gente ricca, e di conseguenza i prezzi sono sicuramente più alti che in altre località .
La comitiva non ha eguali: c'è chi viene da Bologna, chi dall'Appennino Modenese, chi da quello Toscano. Ristoratori e non, semplici appassionati, ma comunque tutti amici, che grazie ad un invito di alcuni clienti del luogo, esteso poi a quei pochi che sicuramente avrebbero apprezzato, si sono trovati tutti allo stesso tavolo per passare alcune ore insieme, degustando quello che secondo tante guide è uno dei templi sacri del pesce in Italia, insignito tra l'altro di una stella Michelin.
Arriviamo intorno a mezzogiorno, in effetti un po' in anticipo rispetto all'orario di ritrovo, dopo circa due ore di viaggio.
Visto il clima ancora estivo, ne approfittiamo per visitare il paese, a me e ad altri sconosciuto, e dare un'occhiata al mare, dove a conferma del caldo ancora importante, diverse persone stanno facendo il bagno.
Il ristorante si trova a pochi metri da dove comincia la z.t.l. del centro, ma il parcheggio non è un problema: nelle vie limitrofe si trovano senza difficoltà zone libere e gratuite ed altre con le strisce blu (comunque molto meno costose che a Bologna).
Nel giro di una mezz'ora ci siamo tutti e varchiamo la soglia.
L'ambiente che ci troviamo davanti è elegante, fine e curato, ma non ostentato.
Un bell'ingresso con due divani in pelle, apre a due sale, più una terza privata con il tavolo presidenziale, dove verremo fatti accomodare noi (che in barba alla sfortuna, siamo in diciassette).
Pareti in un color crema chiaro, bei tendaggi bianchi a coprire le tante zone finestrate che danno su un cortiletto interno. I tavoli sono ben distanziati, apparecchiati con posateria di pregio e con sottopiatti in argento.
Veniamo accolti dal patron del locale, Lorenzo Viani, da sua figlia Chiara e da quattro collaboratori, che ci serviranno in modo esemplare per tutta la durata del nostro pranzo.
Qui si mangia sia carne che pesce, anche se è proprio quest'ultimo a farla da padrona.
A dire il vero, non vedo nè il menù nè la carta dei vini. Il motivo è semplice: alcuni dei nostri commensali qui sono di casa e su loro consiglio decidiamo di affidarci alla fantasia di Lorenzo, dandogli carta bianca su tutto.
Le danze cominciano con l'apertura di una Cuvèe Prestige di Cà del Bosco da 6 litri, accompagnata da una eccellente schiaccia toscana calda, con la quale fare la "fettunta", insieme all'olio, ottimo, presente sul tavolo in diverse ciotole.
Durante questo inizio, viene anche servita l'acqua e portati grissini fatti in casa, pane e dei piattini con dei mezzi limoni tagliati, confezionati dentro ad un tessuto a rete bianco, atto a non sporcarsi e a non far cadere sul piatto la polpa ed i semi, ma solo il liquido, durante la spremitura.
La schiaccia è terribile, nel senso che già da sola è uno spettacolo, con l'olio poi è irresistibile, al punto che si rischia di mangiarne subito mezzo vassoio.
La Cuvée Prestige, beh... mi dispiace per gli estimatori di questo prodotto, ma a me proprio non piace. Troppo ruffiano, troppo acido, addirittura troppo amarognolo: nonostante il 6 litri, che dovrebbe migliorarlo, si rende abbastanza antipatico al mio palato. Ma questo è un mio personale parere.
Di certo, l'impatto scenico di una bottiglia che sembra un'ogiva è notevole.
Finalmente si comincia con il pesce: su di un piatto quadrato, viene servita una composizione con una tartare di gallinella, un carpaccio di pagello ed uno di branzino, accompagnati con un solo filo d'olio a crudo e delle verdure alla julienne. Eccellenti e delicatissimi.
E' la volta dei crudi, di cui personalmente vado matto: arrivano sul tavolo grandi vassoi di scampi, spaccati a metà e puliti, alcuni piatti di ostriche e altri di gamberi rossi. Incredibili tutti. La consistenza degli scampi, il loro sapore, è qualcosa di indescrivibile. Davvero eccellenti i rossi, ottime le ostriche, fra le migliori mai assaggiate.
Intanto il giovane cameriere e sommelier, Lorenzo Giannini, o come lo chiamano da queste parti, "'i Giannini", che serve il nostro angolo di tavolo si premura di riempirci i bicchieri, ogniqualvolta l'acqua o il vino vengano a calare e ci chiede se vogliamo altri scampi. Il ragazzo mi sta già simpatico, e fosse per me ed il buon Sandro che siede alla mia sinistra, mangeremo tanti scampi quanti Lorenzo ne ha nell'abbattitore... ma preferiamo contenerci per provare un po' tutto. E se questo è l'inizio, siamo convinti che ci sarà ancora da divertirsi tanto.
Passiamo ad una fritturina: polpette di gamberetti, gamberi bianchi di fondale e calamaretti. Anche questa eccellente, frittura perfetta, croccante, non unta. Il mio socio commenta semplicemente "Oh ciccio, questi sono da inchiesta!" facendo segno che ne mangerebbe una vasca intera.
A seguire, piatto di calamari: cinque bei calamari al forno a testa. Incredibili, teneri e morbidi.
Nel frattempo, per la gioia mia e di qualcun'altro, il 6 litri finalmente si esaurisce e vengo incaricato di scegliere il prossimo vino: rimanendo ancora su una bolla, scelgo un'altro Franciacorta, ma questa volta un Bellavista Saten, di un livello certamente superiore al Cà del Bosco. Le bottiglie aperte saranno otto, se non qualcuna in più.
Nello stesso tempo, viene stappata anche una Magnum di Cervaro della Sala 2009, e versato in grandi calici per dare il tempo di aprirsi ed ossigenarsi.
I primi: vellutata di fagioli e farro con bocconcini di rana pescatrice, seguita da uno spaghetto alle vongole.
La vellutata è, per consistenza, profumi e sapore, uno dei piatti più riusciti. Lo spaghetto può sembrare tanto semplice e banale come preparazione, ma questo sicuramente no, a partire dalla pasta, di ottima fattura, cotta perfettamente, per finire alle vongole, eccellenti, il tutto leggermente piccante.
E' il momento dello show de 'i giannini: la maionese espressa.
In un angolo della sala, il giovane cameriere comincia ad aprire uova e a sbatterle con tutti gli ingredienti del caso in un grosso recipiente trasparente, dando vita ad una maionese con la emme maiuscola, creata come accompagnamento per gli scampi al vapore che nel frattempo ci vengono serviti, ma che è già puro godimento mangiata così.
Gli scampi, eccezionali, manco a dirlo.
Sono incaricato di scegliere un altro vino, e decido di finire in bellezza con uno Champagne: dapprima una magnum di DeVenoge, che però viene sostituita, forse perchè mancante, con una di Philipponnat Royal Reserve.
Il Cervaro invece rimane a molti in parte nel bicchiere: anche in questo caso, un vino a mio parere troppo pesante e complesso per quello che stiamo mangiando. La barrique è troppo spinta, nonostante negli ultimi anni sia stato alleggerito, ma il legno in questo vino rimane talmente marcato che l'unico piatto con cui lo si può abbinare è la vellutata, dove comunque prevale lo stesso.
Decisamente meglio la bolla francese, che ben va a sposarsi con l'ultimo piatto, una catalana di aragosta e scampi senza cipolla. 10 e lode.
Come si suole dire con un proverbio famoso, bisogna fare un assaggio di formaggi prima di alzarsi da tavola, nella fattispecie un pecorino toscano eccellente ed un Parmigiano 36 mesi. Non solo, vista la provenienza di un buon due terzi dei commensali, ai formaggi vengono accompagnati diversi vassoi di mortadella Pasquini e Brusiani e di un crudo dolce stagionato 36 mesi.
A ripulire il palato dal grasso, un'ennesima magnum, un Lambrusco di Lini.
Ormai sazi e contenti, possiamo indirizzarci verso il caffè finale (ottima la miscela), impreziosito da cestelli di piccola pasticceria (croccanti con mandorle, cantuccini, biscotti e altro) e seguito da uno Zacapa XO per tutti.
Ne approfittiamo anche per fare un giro in cantina, al piano di sopra (incredibile ma vero), dove mi soffermo davanti a diverse annate di Romanee Conti e di grappe di Romano Levi, che al mio rientro in sala 'i giannini mi porterà come assaggio.
Finiamo di fare due chiacchiere con il patron Lorenzo, durante le quali chi deve guidare farà volentieri il bis dei caffè.
Il conto totale, per tutta questa esperienza, durata all'incirca tre ore e mezzo, è di 190 euro a persona, che arrotondiamo a 200 e lasciamo come mancia ai ragazzi che se la sono meritata ampiamente.
La spesa è certamente importante.
In questo caso abbiamo avuto anche un trattamento privilegiato, visto il rapporto di alcuni di noi con il titolare. Ma come detto, siamo a Forte dei Marmi, e anche questo si paga.
Le bottiglie bevute sono state tante e sicuramente costose, visti anche i formati speciali, ma sulla qualità e la preparazione della materia prima non si discute: eccellente, sicuramente il miglior pesce mai assaggiato prima d'ora.
Con questo voglio dire che, magari con un altra compagnia, si può tranquillamente spendere anche una cinquantina di euro in meno. Che sono comunque tanti. Con 150 euro si può tranquillamente andare a mangiare ottimo pesce, con altrettanta soddisfazione, in moltissimi altri posti di livello, e magari qualcosa in tasca rimane anche.
Ma di sicuro, una volta nella vita merita una visita.
E quella volta che capita, sarà una grande esperienza, che a distanza di ore e giorni, farà ancora rivivere i sapori ed i profumi, come a me in quest'istante.
Consigliatissimo!!
[Tapparella]
07/10/2011
Complimenti Kava: sembra di sentirli, i profumi e i sapori che hai così ben descritto!