Campiglia Marittima, fino all’altro ieri, non sapevamo quasi neanche che esistesse. Bel borgo abbarbicato su una collina, tutto medievale, per nulla turistico, con una rocca imponente sulla cima, da dove si può rimirare tutto il panorama del promontorio di Piombino, Populonia e Baratti, con il mare sullo sfondo e, dalla parte opposta, il parco archeo minerario di San Silvestro, connubio particolare tra architettura storica e vecchie strutture minerarie, fino a qualche anno fa quasi completamente coperto dalla vegetazione e fatto rivivere, anche nella sua organizzazione didattica, dall’idea di un professore.
La mattinata l’abbiamo poi passata a camminare (non troppo, perché mia moglie ha ancora qualche problematica di deambulazione) nel parco costiero di Rimigliano, una enorme pineta lunga sei km., che costeggia il corrispondente tratto di spiaggia sabbiosa.
Comunque, cammina poco o tanto, ci è venuta fame. Fatto il pieno di soletto pallido con nuvolaglia in mattinata, arriviamo davanti al ristorantino, nel centro storico di Piombino, che comincia a piovere.
Stavo giusto per dire “che culo!”, che dopo qualche minuto scivolo malauguratamente sul pavimento bagnato dell’entrata, con volo carpiato, rimanendo col ginocchio da poco operato attorcigliato all’indietro... ... dico la verità, ho sudato freddo per un quarto d’ora... ahi... ohi... per la paura e per il dolore... e dunque... niente culo esageratamente... e... succede quel che succede per una serie di coincidenze che moltissimo dipendono dalla nostra (ed altrui) attenzione o disattenzione, o conoscenza o ignoranza, come ad esempio l’evoluzione del meteo o la mancanza di uno straccio per terra all’ingresso quando piove o il camminare con la testa tra le nuvole senza guardare dove si mette i piedi.
Dentro c’è solo una saletta da pranzo, abbastanza piccola, una quarantina di coperti circa.
Mentre ci si alterna al bagno, bello pulito, si legge un menu accattivante e un’ampissima carta dei vini.
Scegliamo due calici di Vermentino dell’azienda Rigoli di Campiglia Marittima, molto profumato, con gradazione limitata a 12°- 12,5 non credo di più, bello fresco, fermo, aperto giusto per noi e fattomi assaggiare prima. I due calici erano molto abbondanti (particolare non irrilevante per quando bevo al calice ).
Quindi una bottiglia di acqua minerale gasata.
In tavola, olio extravergine di Bolgheri, buonissimo sopra il pane toscano che cominciamo a far fuori nella breve attesa delle prime portate.
Antipasto “della Taverna” per due, 13 euro a testa, li vale tutti e anche di più a nostro avviso: insieme di pietanze molto creativo, presentato in modo superbo, molto scenografico.
Piatto grande, bianco, quadrato, in basso a destra polipo con patate cubettato piuttosto piccolo, servito caldo su una salsa al basilico molto leggera, di un verde brillante, fatta al momento, o quasi, crediamo (altrimenti il basilico col tempo si ossida e diventa scuro).
In centro una decorazione fatta con una riduzione di aceto balsamico (parecchio buono, anche se non siamo a Modena), in basso a sinistra tris di conchiglie gratinate: fasolara coperta con una leggera besciamella aromatizzata, cozze con salsa al pomodoro, cannolicchi al prezzemolo, aglio e pane tostato.
Fantastico.
I tre antipasti in alto al piatto erano in tre scompartimenti separati, per evitare il rimescolamento di sapori.
In alto a sinistra si procede con un barattolino in vetro, chiusura ermetica a molla, di quelli che usavano un tempo per le confetture o i sott’oli, riempito con una zuppetta calda fatta con cannellini toscani in cui sono stati adagiati due gamberi, piacevolissimi, morbidi, che richiamavano il profumo del mare, tanto erano freschi.
In centro, una specie di bignè di pasta da choux, riempito di crema di carciofi, coperto con la calotta del bignè tagliata, su cui era stata posata una quenelle di baccalà mantecato.
A destra, una piccola taijni in porcellana bianca, che conteneva un cous-cous di verdure e seppie tagliate a julienne.
Primo piatto: linguine al nero di seppia con limone e tartufi di mare. Il proprietario ci informa che i tartufi provengono dalla Francia, qui adesso non si trovano.
Le linguine di grano duro sono prodotte da un pastificio locale che trafila in bronzo.
Molto equilibrato e riuscito l’incontro tra l’olio essenziale della buccia del limone e il sapore intenso dei tartufi. Buonissime.
L’altro primo piatto sono linguine normali dello stesso pastificio, con una versione destrutturata dei cannolicchi gratinati. I cannolicchi ci sono stati suggeriti perché appena pescati e particolarmente belli. Il sugo era fatto con cubetti molto piccoli di pane saltato con olio, prezzemolo, aglio e, naturalmente, i cannolicchi. Entrambi i primi molto gustosi e saporiti, cottura perfetta, porzioni giuste, tendenti all’abbondante, lavorazione particolare.
Quantità di cibo misurata ed assennata, siamo quasi a posto, ma non stiamo per scoppiare.
Passiamo dunque al dolce, una vera poesia! di grande difficoltà dal punto di vista della tecnica in pasticceria... Il piatto è stato presentato in modo artistico: una mousse di arancio a forma di piramide tronca, la cui sommità era ricoperta da uno strato sottile di cioccolato fondente. Quando il cucchiaio è affondato nella mousse abbiamo scoperto che la base della piramide era fatta da un leggero strato di pan di spagna con una leggera bagna all’arancio, e il cuore della piramide era composto da una crema al cioccolato. La piramide era adagiata al centro del piatto, decorata con fregi di cioccolato fondente, polvere essiccata di buccia d’arancio e petali di rosa. Bellissimo e buonissimo!
Il dolce ci è stato servito con due bicchierini di moscato di Sicilia.
Il servizio è stato gentile, con i tempi giusti e tutte le spiegazioni del caso, prima fra tutte quella del pesce fresco comperato al mercato (che è lì vicino) alla mattina.
Conto di 65 euro in due. Non fanno pagare il coperto, l’acqua e neanche il caffè per chi lo prende.
Posto strepitoso! Alta cucina, abbinata a prezzi super onesti, in rapporto a quanto e a come viene offerto; a me piace mangiare in modo sublime ( ) e non spendere tanto (perché credo sia meglio che farlo spendendo cifre eccessive ).
Mia moglie è rimasta entusiasta a tal punto che ha voluto scrivere lei la descrizione dei cibi nella recensione. Quindi la recensione è stata fatta a due mani...
... ricordando il bravo, compianto, Alberto Manzi, precursore della scuola popolare... “non è mai troppo tardi”...
Imperdibile!!!
[Zemian]
04/05/2012