La prima volta nel Salento è un mare cristallino, un sole mai sazio che risveglia i colori più intensi del blu. Lo stesso sole, mai stanco, sa essere però anche discreto e tutto si trasforma, con toni delicati, in un verde che a volte si arrende a colori indescrivibili, da sempre nascosti dai cieli nuvolosi del nord.
Gli stessi colori che ho cercato negli occhi di chi mi accompagna, perchè dimenticasse il male. Ma il mare proprio no, quel mare che ogni anno viviamo come il convalescente che ritrova le forze alla prima passeggiata all'aperto: il mare non si può dimenticare. E così da qualche anno ci riserviamo una finestra sulla futura estate, una vacanza al mare in Settembre, col gusto di anticipare quello che verrà piuttosto che di chiudere ciò che è stato.
Mira taglia le onde come un coltello, con lo stile impeccabile cha le invidio, e instancabile colorisce i propri ricordi di nuove sensazioni marine: non a caso è convinta che in un'altra vita sia stata un delfino. Sotto l'ombrello le letture amate, il “… rito antico e nuovo dei giornali …”, e lontano dai ritmi quotidiani ritornano i miei sogni giovanili, l'illusione di una vita fatta di lettura, conoscenza e costruzione di un mondo migliore. Allora ho bisogno di dimenticare, perché lo stress non si riproponga, sotto forma di tutto ciò che un tempo non si sarebbe osato dire e che oggi riempie di orgoglio che ne scrive e i suoi protagonisti.
Se proprio il mondo non è proprio quello che vorrei, almeno che lo sia l'amore che voglio. E così mentre Mira prende il sole, con la speranza di portarselo via , io mi preoccupo del pranzo, anticipando il rientro a casa tanto quanto basta per preparare il pesce comprato al porto.
Gallipoli vecchia, la “città bella” fondata dai greci, è ancor oggi splendida isola circondata dalle sue mura, legata da un piccolo ponte alla terraferma. Case bianche, stretti vicoli, che io e Mira “… giriamo in libertà …”, mentre volti antichi ci osservano “… sull'uscio di una sola stanza …”.
Vecchi pescatori, col volto segnato dal sale e dal tempo, parlano forse di calcio, e non è dato di capire se hanno mai attraversato lo stivale per accettarne di essere solo il tacco. Sembrano lontani dai volti a noi noti, altra gente, lingua a tradizioni, difficili da capire, forse usi mai cambiati da secoli, e qualcosa ci suggerisce che forse siamo noi ad essere diversi da come dovremmo, perduti nel falso mito del progresso.
Sotto di noi si presenta improvvisa una spiaggia nascosta, rasserenata da acqua limpida e calma. Una piccola baia, che i gallipolini chiamano spiaggia della “purità ”, da cui prende il nome la bella chiesetta, recentemente ristrutturata che la domina dall'alto: Santa Maria della Purità .
Ad una delle sue estremità , lungo la strada che in alto costeggia le mura, si trova lo “Scoglio delle Sirene”, che con una bella veranda a ridosso delle mura, concede allo sguardo un ampio tratto di mare, lo scoglio del faro e la spiaggia. Uno spettacolo straordinario, una cornice unica per gustare la vacanza, e arricchire i propri ricordi con una bella cena a base di pesce.
Guadagniamo un tavolino libero a picco sul mare, è presto, ancora non sono le 20.00, e non vi sono i problemi di attesa con i quali dovranno confrontarsi gli affamati clienti, per lo più stranieri, che faranno la fila solo un'ora più tardi.
Ancora una volta il mare si impone con i colori intensi che gli regala il sole vermiglio del tramonto, che sembra volerlo accendere prima di scomparire e invece è lui a spegnersi, lasciando solo un diffuso alone rosato, che la fame e la sete, ci suggeriscono uguale a quello del famoso vino che stiamo per ordinare consigliatoci da Brunella prima di partire.
Una ragazza gentilissima ci illustra il menù e concordiamo un antipasto “Scoglio delle Sirene” per due. Un piatto abbastanza gustoso, con tanti piccoli assaggi: polpo lessato, salmone, pesce spada, filetti di acciughe marinate e seppie. Al centro tanti piccoli pesciolini, fritti e passati lievemente sotto aceto, dal sapore insolitamente delicato, molto gustosi.
Per primo un piatto di penne allo scoglio, che non ho molto gradito. Sarà forse per il gusto amarognolo delle cozze locali, che peraltro avevo già preparato due sere prima nella cucina del comodo appartamento dove abbiamo soggiornato. Una doppia esperienza che mi ha confermato che si tratta proprio di una loro caratteristica, che rende alla mia memoria più graditi i “muscoli” liguri .
Estrema cortesia da parte delle ragazze addette al servizio anche in occasione dell'ordinazione del secondo. Avendo Mira, anche dietro mio consiglio, ordinato un pesce sarago alla griglia, la ragazza che ci serviva si è presentata con un grande piatto di portata con sopra un sarago crudo imponente, di quasi otto etti, chiedendo se l'ordinazione, in virtù della quantità e del costo che ne sarebbe derivato, poteva essere confermata. Un gesto gradito di estrema correttezza e trasparenza. Naturalmente l'ordinazione è stata confermata J e abbiamo rilanciato chiedendo che sulla stessa griglia venisse immolata anche una seppia!
Ben presto i due presunti abitanti del mare della purità sono finiti nei nostri piatti, con il sarago pulito davanti ai nostri occhi, che occupava dal solo quasi tutto il tavolino. Carne molto buona, tenera e consistente allo stesso tempo, testimonianza di un cottura sapiente e di un prodotto freschissimo. Stessa cosa per la seppia e sorpresa della cameriera: nulla è restato dei malcapitati, così come delle buone patate rosmarinate servite di contorno
Non poteva mancare al tavolo una bottiglia di rosato del salento “Five Roses” della prestigiosa cantina “Leone de Castris”. E' stato il primo vino rosato italiano ad essere imbottigliato e commercializzato in Italia: era il 1943. E' composto al novanta per cento di Negroamaro e dieci per cento di Malvasia Nera. Il nome richiama una antica contrada del feudo di Salice Salentino, denominata “Cinque Rose”, ma anche la leggenda che narra che per intere generazioni ogni Leone de Castris abbia avuto cinque figli. Sul finire della seconda guerra mondiale il generale Charles Poletti, responsabile degli approvvigionamenti delle forza alleate, chiese una grossa fornitura di vino rosato. Vino italiano con un nome rigorosamente in lingua inglese, per omaggio alle forze alleate. così nacque il Five Roses. Nel 60° Anniversario, annata 2003, è stato premiato a Roma da Bibenda&Duemilavini A.I.S. con l'Oscar 2005, quale miglior vino rosato italian, mentre la versione del 63° Anniversario, annata 2006, è stato premiato con le Tre Rose (equivalente ai Tre Bicchieri) dal Gambero Rosso.
Conto finale 110 euro in due, un prezzo un po' superiore alla media dei locali del posto, ma è anche vero che il sarago da solo ha rappresentato quasi il quaranta per cento della spesa, mentre l'altro sessanta per cento io lo ascriverei direttamente anche solo alla bellezza unica del paesaggio!
Ci siamo allontanati soddisfatti della splendida e romantica serata trascorsa insieme, mentre il ricordo della candela del nostro tavolo si confondeva con le mille luci che si riflettevano tremolanti tra le onde della baia che aveva fatto da indimenticabile cornice alla nostra cena.
Di nuovo mi ritorna in mente, nei versi già citati in precedenza, il caro ricordo di Pierangelo Bertoli, e la nostalgia del tempo che passa e ci cambia nella sua “Sera di Gallipoli”.
Provo a cantarla, e la commozione che sale non prevedeva affatto che la serata si sarebbe conclusa con l'allegra risata di Mira, che mi ricorda quando, giovane salernitano, cantavo le canzoni in dialetto modenese del bravo cantautore, senza comprenderne il testo: il testo ma non il senso…
Consigliatissimo!!
[Kava5150]
14/09/2009
Bravo!
Davvero emozionante.