Chi bazzica in questo sito dovrebbe sapere qual è il mio ristorante giapponese preferito, in questa mia città che è ormai la capitale europea del sushi, ma Poporoya non è l'unico che io frequenti: al secondo posto metto un posto molto diverso, un vero ristorante, dei tempi in cui i locali giapponesi erano posti di lusso rivolti a una clientela d'affari, giapponesi e italiani che coi giapponesi lavorano, il ristorante Osaka.
Autenticamente giapponese fino al midollo, qui persino tutti i camerieri sono nipponici, l'Osaka è un ristorante elegante, che imbandisce piatti che in Italia sono quasi impossibili da trovare altrove, una cucina complessa e sorprendente. E cara. Questo la sera, e in questa versione l'ho provato una volta sola, anni fa; a mezzogiorno invece propone un menu molto più ristretto ed economico, con i piatti che si trovano anche nelle trattorie cino-giapponesi, con la differenza che sono preparati molto meglio: l'ho già scritto, per me il tonkatsu (cotoletta di maiale) dell'Osaka è il migliore di Milano, sconsiglio infatti di prendere qui sushi o sashimi, gli addetti sono esperti e la materia prima è fresca, ma sono i piatti cucinati il punto di forza dell'offerta.
Era da un po' che disertavo l'Osaka, l'occasione mi è venuta da facebook: una mia ex compagna di giapponese, che non vedo da più di due anni (vive fuori Milano), manifesta nel suo messaggio di stato l'intenzione di recarvisi l'indomani a pranzo, la contatto per chiederle se le faccia piacere incontrarci lì, e così all'una e venti del giorno successivo ci ritroviamo all'imbocco della galleria che porta all'ingresso del ristorante.
Galleria che è davvero brutta, diciamocelo: la luce violetta che l'illumina gli dona un'aria lugubre e malsana, ma basta spingere la porta del ristorante per lasciarsela alle spalle; superato l'area con le scale per le misteriose sale al piano superiore e la toilette, si arriva alla zona che ha a destra la cassa e il banco del bar e a sinistra il bancone del sushi, proseguendo oltre si arriva alle due salette, c'è anche uno spazio alla giapponese, non proprio con i tavolini bassi davanti ai quali inginocchiarsi, ma comunque rialzata rispetto al pavimento e per accedere alla quale occorre togliersi le scarpe. Io e la mia amica siamo comunque scortati nella sala in fondo, a un tavolino quadrato per due, minimale e senza tovaglia, attaccato alla finestra che dà su un rilassante cortile interno.
La mia commensale è una semi vegetariana (lo so… ha comunque altre qualità) e quindi si orienta verso una delle specialità della casa, che va benissimo anche a me, considerata la giornata molto fredda: i ramen. I ramen sono dei tagliolini di grano tenero, di piccola dimensione, che si preparano in diversi tipi di “brodo” e più raramente si fanno asciutti, all'Osaka si possono gustare scegliendo una vasta gamma di condimenti e tre proposte di accompagnamento a parte: gyoza- che sono come i ravioli cinesi alla griglia, ma hanno stranamente un sapore diverso, direi più acidulo- riso saltato oppure entrambi; io li prendo con miso piccante alla carne e verdure più gyoza e la mia amica con shoyu (brodo di soia) con uovo e verdura più riso saltato, tè verde, compreso nel prezzo, per entrambi.
Mentre aspettiamo che arrivi il cibo, confortati dal tè caldo cominciamo a parlare fitto: abbiamo molte cosa da dirci, ci sono stati grandi cambiamenti in questo tempo che non ci siamo visti, anche se ci siamo tenuti in contatto abbiamo comunque da aggiornarci su diversi temi, dal lavoro alla vita sentimentale, ma ben presto passiamo ai pettegolezzi sui nostri ex compagni di corso, ce ne sono di molto ghiotti.
La conversazione continua anche quando arrivano le scodellone bollenti con i ramen, che cominciamo a mangiare con appetito, anche se senza sorbire rumorosamente il brodo come pure sarebbe richiesto dall'etichetta giapponese: ce li godiamo ben bene, sono molto indicati sia al clima invernale, sia all'atmosfera raccolta di confidenze in bilico tra il malinconico e il frivolo, poi i tagliolini stessi qui sono sempre buonissimi e anche il brodo lo è, a patto che vi piacciano i sapori orientali, e la porzione è abbondante; i gyoza sono appetitosi, ma solo quattro e li finisco molto rapidamente.
Una differenza fondamentale con Poporoya è che si può restare al tavolo quanto si vuole, ed è quindi il posto giusto per una simile riunione, infatti ci alziamo quando ormai non c'è più nessuno e i camerieri stanno cominciando a preparare la sala per la serata, passiamo alla cassa e paghiamo un convenientissimo conto di ventiquattro euro.
Non concedo il quinto cappello solo perché manca qualcosa che me lo faccia veramente amare, ma consiglio calorosamente questo ristorante che propone un'eccellente cucina giapponese a prezzi- per il mezzogiorno- non superiori a quelli di un locale di livello molto inferiore; se poi qualcuno se la sente di affrontare l'avventura e il conto di una cena di sicuro avrà di sicuro un'esperienza insolita, forse illuminate, su una cucina che nelle sue articolazioni più complesse è ancora quasi completamente sconosciuta dalle nostre parti.
Esattamente di fronte alla galleria d'ingresso c'è la curiosa cartoleria di una mia vecchia amica, e li entro per un saluto, prima di accompagnare la mia commensale alla vicina stazione di Porta Garibaldi.
Consigliatissimo!!
[GROG]
12/02/2010