Questa recensione è dedicata soprattutto a tutte/i coloro che stanno sbavando per il bollito misto (con la pearà, per chi la conosce).
Quando c'è poco tempo e si è di corsa, in casa nostra va spesso di pasta e di verdura del mio orto. Ho idea che qui, con più di qualcuno, casco male. Però posso garantire che un'insalatina fragrante, formata da regina dei ghiacci giovane, assieme a valerianella dal cuore tenero, a quattro cinque foglioline di rucola tagliata fine e ad un mazzettino di ravanelli bianco rossi (tutto del mio orto, lavorato senza chimica), condita semplicemente con olio extravergine, aceto balsamico, pepe e sale, e mangiata con il pane, ha un sapore estasiante che ti sale per le adenoidi e ti arriva dritto alla corteccia cerebrale...
Ciononostante (o magari proprio per questo), ogni tanto sento anche il bisogno di ciccia e quindi ho proposto al falchèto una cena rilassante al Ristorante Cavour di Dossobuono, storico locale della cucina tradizionale veronese, dove sono stato più volte con i pranzi societari del ChievoVerona.
Dall'ultima occasione è passato del tempo e quindi... cosa c'è di meglio che dare una ripassatina?
La posizione del locale non è un granchè, lungo il trafficato stradone principale che porta verso Villafranca e Mantova, ma l'ambiente è invitante, racchiuso da alte siepi che sembra lo preservino, con parcheggio interno. Dentro è gradevole, tanti quadri alle pareti ed una controsoffittatura particolare in legno e tela, che ammortizza bene il rumore. Camerieri numerosi e gentili, bagni puliti.
Avrebbe dovuto venire anche Stefano, il nostro picolìn, perché io avrei voluto sentire il suo punto di vista sull'università da fare, ma un po' la nuova morosètta, un po' il suo concerto previsto proprio per la sera... insomma siamo (sempre più) noi due e basta, come una volta. Succede che, invece di parlare dell'università, parliamo della cucina che, per mia moglie, “dopo tanti anni, è ora di cambiarla.” ( )
Giusto così, me la son voluta (la moglie) e adesso me la tègno. ( )
Da bere un'acqua gasata e una bottiglia di Valpolicella Classico Allegrini di Fumane, del 2009, da 13°. Il colore del vino è rosso rubino brillante, il profumo molto penetrante, tendente alla ciliegia, quasi inebriante. Ottimo, lo conoscevo già, per questo l'ho ordinato: uno dei migliori Classici da gustare con la carne. Ci viene stappato lì davanti, versato nei bicchieri, ma poi il cameriere se ne va, senza attendere il nostro giudizio. Piccola caduta.
Entrèè con scaglie di parmigiano reggiano e pezzetti di focaccia al rosmarino. Buone, mentre si aspettano i primi che il cameriere ci elenca senza la carta del menu. Scegliamo entrambi le tagliatelle agli asparagi verdi, per noi non poteva essere diversamente vista la stagione e la zona. Fatte in casa, come ci viene detto (e si vede), sono squisite, con tanti asparagi freschi, saltati con lo scalogno presumiamo, perché non si sente il sapore forte di cipolla ma si vedono i micro pezzettini.
Per la sala gira il vecchio proprietario (ad occhio, pluriottantenne), sempre con il tovagliolo in mano, che si rende utile togliendo qua e là qualche bottiglia vuota. E' bello vedere queste cose!
Arriva il secondo, che è il vero piatto forte: un carrello pieno di bolliti ed anche di arrosti, dal quale attingere finchè ce ne sta nel piatto, tagliati al momento con un affilatissimo coltello. Io prendo una fettazza di sua immensità il cotechino (sapore naturale non molto speziato, di collosità non eccessiva, profumo gradevole, bel colore rosa), una fettona di prosciutto di Praga (arrostito al forno, squisito anche questo), una fettina di lingua salmistrata (strepitosa), pezzo di testina di vitello (buonissima) e una coppa arrosto (niente di particolare, non era molto stuzzicante). C'erano anche manzo e gallina lessi, pancetta arrotolata arrosto, puntina di vitello arrosto, che io non ho assaggiato (la Marta ha preso un pezzetto di manzo ed uno di gallina, buoni). Il tutto, accompagnato da salsa verde al prezzemolo, cren e, soprattutto, la PEARA', la regina di Verona, ove annegare i diversi bolliti. Che buona!
La leggenda narra che fu il cuoco di Alboino, re dei Longobardi, ad inventare la pearà, perchè aveva bisogno di un cibo in grado di ridare vigoria a Rosmunda, costretta a diventare moglie del re mentre si stava lasciando morire di fame in seguito all'uccisione del padre Cunimondo da parte proprio di Alboino (“Bevi Rosmunda, nel cranio di tuo padre!”). La rinvigorì anche troppo, perché, poi, fu proprio lei ad ordire una congiura per far fuori Alboino.
Di sicuro si sa che la pearà era l'alimento principale delle famiglie povere, perché la base è il pane vecchio (da conservare e non buttare), grattugiato, mescolato e fatto bollire per due tre ore assieme al brodo, a tanto pepe e ad un po' di midollo di bue sciolto nel burro. Qualcuno ci mette anche del grana.
Assaggiamo anche un po' di contorno: spinaci saltati in teglia, pomodoro ripieno, melanzane alla griglia, tagliate a fette sottili. Buono anche questo.
Prendiamo un solo dessert in due: arance caramellate all'alkermes (fette di arancia e scagliette caramellate di scorza d'arancia, il tutto cosparso e reso rosso dall'alkermes), torta alla frutta in pan di spagna e pasta frolla. Tutto delizioso. Pure il dolce arriva con un carrello da cui attingere, a dismisura o quasi, se si vuole.
Il conto è di 90 euro in due. Non proprio economico.
Non abbiamo gradito la mancata presentazione della carta del menu con i prezzi. Il carrello di bolliti veniva 17 euro a testa. Va bene che tu hai la possibilità di mangiarne in modo esagerato, però c'è un limite alla capienza dello stomaco delle persone... La prossima volta (perché si mangia molto bene e ci sarà una prossima volta) vorrà dire che ordineremo un secondo in due, che comunque è abbondante lo stesso, così il prezzo diventa giusto.
La tregua è finita. Prendiamo la macchina e via di corsa in un pub della Valpolicella a sentire il concerto del nostro sciupafemmine stracciacorde. Un incrocio, con qualche brano molto piacevole, tra Elbow, Jeff Buckley e Radiohead.
Digestione garantita ed orecchie ovattate fino al terzo sonno.
Consigliatissimo!!
[joy]
25/04/2010
Però io dò ragione al cameriere che vi ha stappato la bottiglia, tu il vino l'hai definito ottimo, e allora perchè non glielo hai fatto assaggiare anche a lui ?