Tour de France gastronomico con contorni Â? 6
La volta prima, per andare in Bretagna, partimmo il 2 di agosto, come oggi, dopo cena.
Alla mattina era crollata una parte della stazione di Bologna. Sembrava, dai telegiornali che avevamo fatto in tempo a vedere in giornata, che fosse scoppiata una caldaia, o forse anche una bomba.
Non era ancora all'orizzonte il trattato di Schengen, cioè le frontiere erano ancora tutte teoricamente presidiate e vigilate dalle doppie guardie delle nazioni confinanti, ma passammo il Moncenisio verso le due di notte senza che nessuno, guardie francesi o italiane, si facesse vivo o ci controllasse, dogana spenta, buio totale...
Entriamo stavolta in Bretagna dopo esser passati a rivedere il castello di Chenonceau e, per la prima volta, quello di Villandry. Il primo famosissimo, uno dei più belli di Francia. Il secondo, caratteristico per il suo orto-giardino. In un sito culinario, vale la pena di segnalare questa meraviglia di orto gigantesco, trattato come un giardino all'italiana, con verdure ed erbe aromatiche di tutti i tipi, inquadrate ed allineate in modo geometrico, colorato e scenografico, che costituisce gran parte del parco del castello. Singolare.
Davide io non lo conoscevo. Ho conosciuto sua sorella l'anno dopo, perché avevamo i bambini all'asilo nido insieme. Era andato al mare da lei, ad Ancona, e stava aspettando la coincidenza alla stazione di Bologna per tornare a casa a Verona. Aveva cinque anni meno di me, l'età di mio figlio adesso, suonava la chitarra come lui, si era appena iscritto all'Università , Economia e Commercio. Saltò in aria, non si sa perché. Mi dissero che aveva la testa squarciata.
Le Clos de Lande Vallèe è gestito da Apostolì (come lo chiama sua moglie), un greco profe di matematica che ha sposato una bretone profe di inglese, ed è appena stato ristrutturato in modo ecologico. La casa è fatta di granito grigio, lo stesso granito dei menhir che abbiamo appena visto a Carnac. Tutte le imposte color pervinca ed una innumerevole serie di accorgimenti di bioedilizia. Due caminoni in testata, come da tradizione bretone.
E' la prima sera lassù, dove, per i celti, la terra finisce tuffandosi nell'oceano. Andiamo a cena nella loro sala e mangiamo con loro, assieme anche ad una docente veneziana di francese di Cà Foscari e ad una sua collega svizzera. Costo: 25 euro a testa per la table d'hotes, tutto compreso.
Si parte con un kir, aperitivo a base di sidro locale e cassis, un succo di ribes nero. Bello fresco, frizzantino, tra il dolce e l'amarotico, andava giù che era una piacere (bis obbligatorio).
Quindi ci hanno portato un'entrèe con crostini di pane, mousse di carciofi e foglioline di basilico, e poi altri crostini con salsa di champignons ed erba cipollina (che io ovviamente non ho toccato). Buoni i primi.
Finita l'entrèe è arrivata una terrina di cruditèes del loro orto (biologico naturalmente) con lattuga, pomodori, cipolla tagliata fina, pinoli, cetrioli in vinaigrette con lo yogurt (unica reminiscenza greca) e fagiolini che non erano proprio cruditèes, ma erano lessati. Tenerissimi. Anche se io sento sempre la mancanza dell'olio extravergine d'oliva, ho dovuto tirarmene giù due volte perché era tutto molto saporito e gustoso.
Lui è appena andato in pensione e si è sistemato la casa con le sue mani. E' un piacere conversare con loro ed è molto gradevole la ristorazione in table d'hotes, è come essere a cena dagli amici. Siamo a Kerguevelen, nella campagna vicino al mare di Pont L'Abbè, nel pays Bigouden. Le scritte sulle strade sono doppie, come in Alto Adige, ma la lingua è francese e celtico.
Arriva un'altra portata: sono zucchinoni tondi al forno, ripieni di pomodoro, riso pescato, tonno, cipolla e acciughe. E poi zucchinetti con le fiore e lo stesso ripieno. Squisiti.
Il piatto forte era di merluzzo giallo (pollack, un pesce del nord Atlantico), anche questo al forno, con una maionese mista ad erbette aromatiche. Freschissimo e buonissimo il pesce, senza lische. Di per sé non sarebbe un pesce di qualità , ma, come ho avuto modo di dire in una ricetta della trota in carpione, con un po' di fantasia, con la maionese e le erbette, Anne, la cuoca, è riuscita a cucinarlo e ad amalgamarlo veramente in modo speciale. Sarà che io avevo una fame terrificante (e ho mangiato come un lupo), ma era una bontà .
Il vino messo in tavola era un rosso biologico proveniente da Tolosa, sfuso, da 12,5° gradi approssimati, dello scorso anno, che Apostolos va a prendere in una cantina di sua fiducia. Granata scuro carico, profumatissimo, sapore speziato, profondo, persistente, pieno. Servito a temperatura ambiente. Posso dire stavolta che aveva un leggero retrogusto da uva. Favoloso.
Sulla tavola anche un ottimo succo di mele, una delle bevande tipiche della zona, assieme al sidro. Anche acqua naturalmente, liscia.
Arriva quindi una diversa insalatina dell'orto con Camembert (fantastico, come quello normanno) e formaggio di capra locale (non crottin, molto buono anche questo).
Il dessert è composto da una crema chantilly affiancata da un frullato di fragole e frullato di banana, con ribes nero fresco dell'orto cosparso sopra. La loro non è una presentazione “francese”, ma è molto familiare e a me piace.
Non c'era niente che non andasse bene, tutto cucinato benissimo, vario, originale ed abbondante.
Il falchèto riesce a sbrodolarsi..., non la maglia o le braghe (non sia mai... una volta o l'altra la beccherò... “evit reizhañ ar bleizi ez eo ret o dimeziñ”, ovvero in celtico, “per domare il lupo bisogna sposarlo”... eh eh eh... ), ma parlando finalmente in inglese con la sua collega.
Io guardo, fuori dalla vetrata, il sole che sta ancora calando sul mare (stavolta sono le dieci di sera!), rispolvero il mio greco antico, misto a francese e dialetto veronese, e mi destreggio tra frasi sensate e altre "dubbie" con Apostolì, che contraccambia allegramente: una faccia, una razza! (la sapeva anche lui, e in italiano).
Tranne i miei tristi ricordi di trent'anni fa, che ogni tanto si riaffacciano come un incubo - vorrei che almeno non succedesse più - mi accorgo che comincio a non aver più altri pensieri e che mia moglie comincia a dimenticarsi di telefonare giornalmente a tutti i figli.
A me sembra di avere un ottimismo di fondo sul futuro dell'umanità . O forse non ce l'ho e penso che bisogna averlo, anche se è difficile, e che bisognerebbe operare perché questo avvenga.
Ma quest'angoscia mi rimane quando ci ripenso... una violenza criminale e stupida aveva colpito alla cieca cancellando a casaccio vite, sogni, speranze... penso a quelle persone, ai loro parenti... penso a come l'avevo vissuta io con la rabbia dei miei 25 anni... non diversa da quella di questi 55...
La vita continua... ma vorrei utilizzare questo spazio anche per ricordare, e perché non si dimentichi mai, le 85 persone uccise quel giorno di trent'anni fa, e riportare il titolo che Guttuso (prendendolo in prestito da un'acquaforte di Francisco Goya di due secoli prima) diede allora ad uno dei suoi quadri: “Il sonno della ragione genera mostri”.
Imperdibile!!!
[g.falconline]
02/08/2010
Recensione intensa e straordinaria. Mi unisco in modo profondamente sentito al tuo ricordo delle vittime (solo per pochi fortunati secondi un mio cugino si sottrasse allo scoppio) con una ancora attuale citazione da Brecht "il ventre che l'ha generato è ancora fecondo"